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Giornali e Tv, resoconto dello sciopero contro la legge Bavaglio

di Davide Longo

Pubblicato il 2010-07-10

Adesso basta. È questo il grido che per tutta la giornata di ieri ha infiammato la quasi totalità della stampa italiana, un grido rumoroso espresso attraverso il silenzio dei giornali, che non sono usciti in edicola, dei telegiornali, andati in onda in modalità ridotta. Lo sciopero è stato indetto dalla FNSI per protestare contro il …

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Adesso basta. È questo il grido che per tutta la giornata di ieri ha infiammato la quasi totalità della stampa italiana, un grido rumoroso espresso attraverso il silenzio dei giornali, che non sono usciti in edicola, dei telegiornali, andati in onda in modalità ridotta. Lo sciopero è stato indetto dalla FNSI per protestare contro il ddl sulle intercettazioni: se questa legge verrà approvata, i magistrati non potranno più intercettare i criminali, e i giornalisti non potrebbero più pubblicare tali intercettazioni. Una legge molto strana, questa, per due motivi. Il primo è di carattere procedurale: se i decreti legge devono essere utilizzati solo in situazioni di grave pericolo per lo stato, come previsto dalla costituzione, perché in questo caso è stato usato proprio un ddl? Forse perché le procedure di approvazione in questo caso sono più veloci? Ad ogni modo, il secondo motivo è di natura politica: perché questa legge, effettuata per limitare l’utilizzo delle intercettazioni, è caldamente appoggiata da un premier indagato in molti processi per la risoluzione dei quali sono molto importanti le intercettazioni? Mistero. O forse no. Comunque solo alcuni giornali non si sono aggregati allo sciopero: Il Giornale, di proprietà di Paolo Berlusconi, uomo che certamente non ha rapporti con il Presidente del Consiglio, a parte un piccolo dettaglio: sono fratelli. Indro Montanelli si starà rivoltando nella tomba.
Libero, prima schierato con Alleanza Nazionale, ora dedito al linciaggio degli avversari del premier, compreso Fini.
La Padania, il campione delle libertà nordiche, il quotidiano razzista diretto da Umberto Bossi.
Il Riformista, giornale su cui scrive Giampaolo Pansa.

Interessante notare invece che anche i telegiornali di casa Mediaset, di proprietà dello stesso Silvio Berlusconi, maggior sostenitore dell’inquietante ddl sulle intercettazioni, e il Tg1, abbiano aderito allo sciopero. Segno, questo, che anche in questi telegiornali lavorano ancora giornalisti diligenti e competenti.
Questo il comunicato della Fnsi che spiega le ragioni dello sciopero:

I giornalisti italiani sono chiamati ad una forma di protesta straordinaria che si esprimerà in un “rumoroso” silenzio dell’informazione nella giornata di venerdì 9 luglio, contro le norme del “ddl intercettazioni” che limitano pesantemente il diritto dei cittadini a sapere come procedono le inchieste giudiziarie, infliggendo gravi interruzioni al libero circuito delle notizie. Quanti lavorano nel settore della carta stampata si asterranno dalle prestazioni nella giornata di giovedì 8 luglio, per impedire l’uscita dei giornali nella giornata di venerdì.

Tutti gli altri, giornalisti dell’emittenza nazionale e locale, pubblica e privata, delle agenzie di stampa, del web, dei new media e degli uffici stampa non lavoreranno nella giornata di venerdì. Free lance, collaboratori e corrispondenti si asterranno dal lavoro secondo le modalità previste per la testata presso la quale prestano la loro opera. I giornalisti dei periodici, infine, si asterranno dal lavoro venerdì 9, ma assicurando, già da ora, la pubblicazione sui numeri in lavorazione delle proprie testate di comunicati sulle motivazioni della giornata del silenzio.

Lo sciopero è una protesta straordinaria e insieme la testimonianza di una professione, quella giornalistica, che vuole essere libera per offrire ai cittadini informazione leale e la più completa possibile. Una protesta che si trasforma in un “silenzio” di un giorno per evidenziare i tanti silenzi quotidiani che il “ddl intercettazioni” imporrebbe se passasse con le norme all’esame della Camera, imposte sin qui dal Governo e dalla maggioranza parlamentare. Molte notizie e informazioni di interesse pubblico sarebbero negate giorno dopo giorno fino a cambiare la percezione della realtà, poiché oscurata, “cancellata” per le norme di una legge sbagliata e illiberale che ne vieterebbe qualsiasi conoscenza.

Giornalisti, ma anche gli editori e migliaia di cittadini, da mesi denunciano le mostruosità giuridiche del “ddl intercettazioni”. Sono state anche avanzate proposte serie per rendere ancora più severa e responsabile l’informazione nel rispetto della verità dei fatti e dei diritti delle persone: udienza filtro per stralciare dagli atti conoscibili le parti relative a persone estranee e soprattutto alla dignità dei loro beni più cari protetti dalla privacy; giurì per la lealtà dell’informazione che si pronunci in tempi brevi su eventuali errori o abusi in materia di riservatezza delle persone; tempi limitati del segreto giudiziario; accessibilità alle fonti dell’informazione contro ogni dossieraggio pilotato.

Nessuna risposta di merito. Lo sciopero, con la giornata del silenzio, è espressione di indignazione, di partecipazione, di richiamo responsabile a principi e valori che debbono valere in ogni stagione. Lo sciopero è un momento della protesta e dell’azione incessante che proseguirà, fino al ricorso della Corte europea di Strasburgo per i diritti dell’uomo, qualora la legge fosse approvata così com’è. Lo sciopero è anche segnalazione di un allarme per una ferita che si aggiungerebbe ad un sistema informativo che patisce già situazioni di oggettiva difficoltà e precarietà non solo per la crisi economica, ma anche per una politica di soli tagli che rischiano di allargare bavagli oggi altrimenti invisibili.

L’informazione è un bene pubblico, non è un privilegio dei giornalisti, né una proprietà dei padroni dei giornali e delle televisioni, né una disponibilità dei Governi. E per i giornalisti non è uno sciopero tradizionale contro le aziende, ma un atto di partecipazione e di sacrifico della risorsa professionale per la difesa di un bene prezioso, dei cittadini, proclamato con un silenzio che vuol parlare a tutti”.

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