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L’eredità di Michela Murgia: “Not All Men”, ci dicono così

di Redazione BlogTivvu.com

Pubblicato il 2024-02-19

Questo articolo è parte di una campagna a cui hanno aderito scrittrici e giornaliste italiane per denunciare la violenza di genere e nominarla. L’eredità di Michela Murgia risuona con la potenza di una brezza che spalanca porte chiuse da troppo tempo per allontanare ciò che di immobile e stantio rende irrespirabile l’aria che ci circonda …

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Questo articolo è parte di una campagna a cui hanno aderito scrittrici e giornaliste italiane per denunciare la violenza di genere e nominarla.

L’eredità di Michela Murgia risuona con la potenza di una brezza che spalanca porte chiuse da troppo tempo per allontanare ciò che di immobile e stantio rende irrespirabile l’aria che ci circonda e per rinnovare e portare ossigeno tra le pareti soffocanti in cui le donne continuano ad essere rinchiuse.

Michela ci ha insegnato il coraggio della parola. Perché è stata una donna coraggiosa che ha saputo dire ed affermare con una lucidità disarmante ciò che paradossalmente dovrebbe essere ovvio, che siamo o dovremmo essere tutti ugualmente liberi, che siamo o dovremmo poter essere LIBERE che siamo creature complicate e non uniformabili in schemi né rinchiudibili in scatole preconfezionate, che siamo scomode a volte, MA abbiamo una voce ed il diritto di esprimere ciò che le nostre anime desiderano.

Purtroppo, così non accade in una realtà in cui ancora oggi si fatica ad accettare il “diverso” da noi, che sia per razza etnia religione lingua cultura sesso appartenenza politica classe sociale o salute.

Il “diverso” spaventa ed è per tanto attaccabile giudicabile eliminabile.

Sempre troviamo il modo in questo inferno dei viventi di ferirci, colpirci, armarci e farci a pezzi.

E tra tutte le creature frangibili le donne continuano ad essere le più colpite.

Ed è per tutte noi, per tutte le donne a cui viene negata parola, che la voce o meglio il grido di Michela si è alzato, urtando contro il muro delle negazioni che ci si ostina ad opporre: persino di fronte all’oltraggio delle morti continue e violente di una strage ininterrotta a cui si è dato un nome terribile FEMMINICIDIO si alza omertoso il muro del diniego.

“Non è vero, non esiste alcuna forma di violenza specifica”ci ripetono in un loop infinito.

Non tutti gli uomini sono così – NOT ALL MEN, ci dicono come un mantra diabolico.

Non tutti gli uomini uccidono umiliano colpiscono ferisco distruggono sminuiscono mortificano carne e spirito.

Ed è vero, fortunatamente o fortuitamente è vero.

Eppure, continuano a ripetersi atti di violenza indicibili. Imperdonabili.

Not All Men, ci dicono così.

Non tutti gli uomini sono predatori. Bisogna crederci. Altrimenti respirare e vivere in questo mondo diventa impossibile. Dobbiamo crederci. Not All Men.

Non tutti gli uomini commettono azioni indegne. Ed è così.

Esiste una maggioranza di uomini che rispetto ad alcune questioni ancora fatica a capire, ad adattarsi, ad accettare la parità di genere ma che mai userebbero violenza verso una donna.

Forse mi dico allora quella minoranza di violenti è il frutto di una cattiva educazione, il risultato di famiglie tossiche, di riferimenti nocivi che gli hanno avvelenato le sinapsi. Forse.

Non tutti gli uomini commettono atti vergognosi. Abusi fisici e psicologici.

Not All Men. Non tutti gli uomini sono mostri nascosti nell’ombra pronti a scagliarsi contro una vittima alla prima occasione, è vero. Non tutti lo sono.

Semplicemente esistono rapporti di forza, che vanno avanti così da secoli o millenni, storicamente certi fatti sono accaduti ed “accadono” e il più delle volte per giunta “per colpa” delle donne. Ed è devastante che si sia prede di guerra anche quando le guerre non ci sono. Vittime di rapporti di forza sproporzionati. Tanti sono i diritti rivendicati e faticosamente ottenuti.

Quello che non è cambiato è il potere agito sui più deboli.

Quello che non è cambiato sono i giochi di potere. I ruoli di forza. Sproporzionati, disequilibrati.

Occorre agire legalmente, occorre emanare leggi che stabiliscano pene proporzionate al crimine commesso.

Occorre che le vittime vengano tutelate e non ingiuriate vilipese offese da una normativa che non norma in alcun modo i crimini contro le donne.

Not All Men non può più essere l’unica risposta.

Servono leggi. Servono programmi di educazione e servono garanzie.

Uno Stato che finalmente ci faccia sentire al sicuro.

NOT ALL WOMEN. Non tutte le donne sono disposte a continuare a subire. E tutte le donne dovrebbero pretenderlo.

Se siamo oggettivamente più consapevoli è grazie anche ad una scrittrice come Michela Murgia, alla sua voce, ai suoi insegnamenti.

Ma non siamo salve. Ancora non lo siamo. Siamo chiuse nel pugno stretto di una società che non ci protegge, non ci difende, non ci tutela; a dirla tutta non dovrebbe esistere una società in cui sentirsi così in pericolo da necessitare di protezione. Ma è così. Viviamo nella paura.

Ed è per Michela e per tutte le donne vittime di un sistema che non tutela né protegge, le cui voci non possiamo più ascoltare, ma bruciano e fanno male all’anima, che questo mondo dobbiamo cambiarlo.

Così ho provato a racchiudere in una poesia le voci di tutte quelle donne vittime di violenza di cui non conosceremo mai né volto né nome né storia né destino e non è un caso se si intitola Scomparse:

Per ognuna di cui conosciamo il nome
1000 e più sono le donne dimenticate
in fosse senza luce e senza voce.

Per ognuna di cui conosciamo lo sfregio
1000 e più restano in spregio
eterno sacrilegio
senza alcun necrologio.

Per ognuna di cui conosciamo il volto
1000 e più restano insepolte
bruciate, colpite, violate.

Per ognuna di cui piangiamo la sorte
1000 sono morte di malasorte.

Per le madri in fondo al mare
per le Afgane, le ucraine, le africane.

Per tutte le spose bambine,
per ogni nome che non possiamo urlare nè santificare nè ricordare.

Per le senza bara scomparse,
gettate in burroni senza un fiore.

Per i loro miseri resti
seppelliti nei deserti
che il sole pietoso
ne carezza le ossa.

Dobbiamo ricordarlo.

Per ognuna di cui conosciamo il nome
sono 1000 e più di cui ignoriamo
i destini e i volti dei loro aguzzini.

E non abbiamo più tempo per volantini
panchine, cortei e santini.

Non abbiamo giustizia per tutte quelle donne
che non hanno nè volti nè voci.

Ed è per tutte loro che non possiamo onorare
che dobbiamo continuare a lottare.

Il tempo delle ancelle DEVE finire
e tutte le donne dovrebbero pretenderlo.

Angela Iannarelli

#Unite è una campagna di scrittura a cui hanno aderito scrittrici e giornaliste italiane per denunciare la violenza di genere e nominarla. QUI la pagina Instagram con tutti i contributi.

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