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Zelig: Lella, ma chi te l’ha fatto fare?

di Simone Morano

Pubblicato il 2011-01-15

Doverosa premessa. Per Lella Costa nutro una passione sconfinata. Esagerata. Al punto che credo che tutti dovrebbero tenere sul proprio comodino uno dei suoi libri (Che faccia fare su tutti, ma anche La sindrome di Gertrude) e che penso che una buona medicina per vivere sia riguardarsi almeno una volta al mese il suo Traviata …

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Lella Costa

Doverosa premessa. Per Lella Costa nutro una passione sconfinata. Esagerata. Al punto che credo che tutti dovrebbero tenere sul proprio comodino uno dei suoi libri (Che faccia fare su tutti, ma anche La sindrome di Gertrude) e che penso che una buona medicina per vivere sia riguardarsi almeno una volta al mese il suo Traviata – L’intelligenza del cuore. Lella è la dimostrazione che si può essere grandi attori anche a Milano, e non solo a Hollywood.

E’ per tutti questi motivi che, vedendola ieri sul palco di Zelig, mi sono chiesto: Lella, perché l’hai fatto? La Costa ha recitato un monologo sulle differenze tra le parole che identificano l’organo genitale maschile e l’organo genitale femminile. Ha fatto ridere solo nei momenti in cui pronunciava le parole fatidiche, e solo alla fine, con una barzelletta peraltro già recitata altre volte. Insomma, è perdonata, ed è stata perdonata dal pubblico, solo per la carriera che alle spalle, solo per la sua straordinaria capacità di attrice, solo perché è lei. Se quel monologo l’avesse recitato un altro, l’avremmo tacciato di volgarità. Troppo facile far ridere dicendo c…o e f..a.

Zelig è una macchina della risata, sul palco devi sfornare una battuta ogni dieci secondi, magari anche senza un filo logico tra l’una e l’altra. Lo spettatore di Zelig si aspetta una raffica di freddure, battute. E invece Lella ha gelato tutti, quando ha osato fare un monologo che nei primi due minuti non faceva ridere. Poteva partire subito, iniziare con le differenze tra c…o e f..a, e invece ha sentito l’esigenza di “giustificare” le battute che avrebbe detto di lì a poco, come per dire: “Guardate che le battute che sto per dire sono frutto di una riflessione sociale e semantica, non sono quattro volgarità messe lì per scatenare la grassa risata. Io per far ridere non avrei bisogno di dire c…o e f..a”.

Lo sappiamo, Lella. E allora, perché?

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