Achille Lauro dopo il Festival di Sanremo 2020 con “Me ne frego” e le sue esibizioni spettacolari, ci aveva insegnato che una performance doveva essere vista e ascoltata nel suo insieme. Ed infatti, in molti lo avevano accusato di non avere dedicato la giusta attenzione al pezzo, considerato debole rispetto al precedente.
Probabilmente, la stessa cosa potrebbe accadere con “16 marzo”, il nuovo singolo appena uscito in tempi duri di quarantena. Il problema è che questa canzone, non ha lo stesso solido supporto di Sanremo 2020. Sul suo profilo Instagram, Achille Lauro ha spiegato che non è mai potuto tornare a casa per via delle misure per il contenimento del Coronavirus:
Due ore prima della chiusura definitiva delle attività commerciali e dei comuni, eravamo a Roma per una session in studio. Siamo rinchiusi da 20 giorni in un Airbnb. Abbiamo dovuto ricomprare tutto ciò che serviva per produrre la musica: scheda audio, microfono, cuffie e casse monitor.
Nonostante questo, non si è perso d’animo e, per merito del suo team è riuscito a confezionare la canzone:
Abbiamo un batterista nelle Marche, un chitarrista alle Maldive e un pianista a Roma che risuonano le parti che li inviamo o le note vocali che canticchiamo. Siamo rimasti in due.
16 marzo è una perfetta ballata d’amore in chiave pop-rock che strizza l’occhio a C’est la vie. Pare, in sintesi, un tributo al Vasco Rossi degli anni ’80/’90. I più giovani non sapranno di cosa sto parlando ma chi viaggia tra i 35/40 anni, sa perfettamente che ho ragione.
Questa virata “tradizionale” e già “sentita” sarà un successo oppure stancherà a lungo andare? In sintesi, Achille Lauro, con la sua meravigliosa “scena” perfetta e moderna, riuscirà a distogliere l’attenzione su qualcosa che potrebbe apparire come un progetto poco originale? Vedremo… il pezzo è comunque bello e farà successo, questo è fuori discussione.