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X Factor: prova uno, due. Intervista a maCscabi, tra i finalisti ai tempi della Mori

di Simona Cocola

Pubblicato il 2010-09-20

“La cosa che [..] mi piace tantissimo è come la tua voce sta bene sulla tua faccia”. Era il 2009. Era la terza edizione di X Factor, e l’osservazione di Roberto Vernetti, vocal coach per la categoria dei cantanti di Claudia Mori, era rivolta a Massimo Cabiddu, in arte maCscabi, trentaduenne artista torinese. Un anno …

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La cosa che [..] mi piace tantissimo è come la tua voce sta bene sulla tua faccia”. Era il 2009. Era la terza edizione di X Factor, e l’osservazione di Roberto Vernetti, vocal coach per la categoria dei cantanti di Claudia Mori, era rivolta a Massimo Cabiddu, in arte maCscabi, trentaduenne artista torinese. Un anno dopo, nel 2010, qualcosa è cambiato: i giudici, ad esempio, e le categorie in gara, ma programma e artista – Massimo si è presentato di nuovo alle selezioni – restano ancora gli stessi.

Sdraiato a terra nella sua camera, era un bambino quando ascoltava per ore la musica, che usciva dal registratore colorato. Al provino, invece, gli sono bastati cinque minuti per conquistare quel “Sì”, che lo ha portato tra i finalisti della Mori, una decina o poco più di talenti over 25 speranzosi quanto maCscabi di salire su quel palco.

“Predisposto al canto”, come egli stesso ama definirsi, Massimo inizia da autodidatta, poi prende lezioni di canto, e oggi suona la chitarra, fà concerti e dà lezioni a chi, come lui, vive con la musica, la “compagna” che lo aiuta a creare le sue canzoni, brani ispirati a situazioni vissute o che lo colpiscono in maniera particolare. Con il progetto maCscabi, nato qualche anno fa e condiviso con il gruppo che porta lo stesso nome e in cui suonano Claudio Arfinengo (batteria), Marco Lamagna (basso), Alberto Rubatti e Silvio Ferro (chitarre), si esibisce soprattutto in Piemonte, cantando pezzi rock italiani come “Fuori c’è la neve”.

“Ho iniziato nel 1995 con i IV Dimensione, ho proseguito con i Colibrì, con cui abbiamo vinto il premio per il migliore gruppo emergente del Piemonte al concorso Pagella Rock nel 1999, e, dopo un lungo periodo di stasi creativa, mi sono rimesso di nuovo in gioco con i maCscabi, per arrivare in seguito anche a X Factor” afferma il giovane artista, da sempre affascinato da Augusto Daolio e dal mondo Nomadi.

Stai seguendo l’edizione di X Factor di quest’anno? Cosa ne pensi?

Sinceramente sto seguendo poco il programma per impegni lavorativi, ma credo ci siano ragazzi preparati. È appena iniziato, quindi staremo a vedere.

Come cantante, cosa facevi prima di partecipare a X Factor e cosa fai adesso?

Stavo lavorando con la mia band, i maCscabi, ad alcune idee maturate in questi anni. Stavamo, e stiamo, cercando di dare forma, cioè una direzione artistica, alle canzoni che componiamo, puntando molto sull’arrangiamento. Si tratta di un lavoro fatto di ricerca costante, per cui ci vuole tempo. Oltre a questo, qualche concerto e lezioni di canto. In questo momento, invece, continuo a lavorare con la band al progetto, ho ripreso le lezioni di canto e sto realizzando, insieme con i miei due chitarristi, un progetto cover di musica italiana e internazionale.

Quali ricordi hai del tuo provino della terza edizione?

Il ricordo più forte è stato il “Sì” di Claudia Mori alla fine della mia esibizione e lo stato d’animo che avevo: mi ripetevo “Stavolta va, mi sa tanto che ce l’ho fatta!”. Uscito dalla stanza, mi sono recato in sala di attesa, e dopo circa un’ora chiacchieravo di musica con Giuliano Rasu. Mentre parlavamo, Claudia ha riconvocato gli ultimi dieci finalisti, ma poco dopo, andavamo tutti a casa, tutti tranne Giuliano, scelto poi per entrare ufficialmente a X Factor.

Hai capito cosa è l’x-factor ricercato dai giudici negli artisti che si presentano ai provini? Credi che ognuno di loro cerchi un x-factor diverso o hanno la stessa idea al riguardo?

Penso che l’x-factor sia l’essere riconoscibile. È un insieme di qualità date dalla competenza musicale, dal possedere un timbro di voce particolare, dalla presenza scenica e dall’avere quel qualcosa in più. In merito all’x-factor che ricercano i giudici, non penso abbiano idee diverse. L’x-factor è l’x-factor. Marco Mengoni, Giusy Ferreri, Noemi: qualunque giudice li avrebbe voluti avere nella propria squadra, quindi tutti cercano la stessa cosa.

Dal tuo punto di vista, i vincitori delle edizioni passate hanno l’x-factor?

Nelle edizioni passate hanno vinto gli Aram Quartet, Matteo Beccucci e Marco Mengoni: direi di sì, hanno l’x-factor, ma non solo loro. Su quel palco sono passati diversi cantanti che avevano qualcosa da dire.

Tra i giudici, chi avresti voluto vedere ancora nell’edizione di quest’anno?

Di certo Morgan, perché è un artista, e proprio per questo motivo è stimolante e interessante lavorare con lui o sapere la sua opinione su una performance piuttosto che su come interpretare la musica. Inoltre, non dimentichiamo che ha fatto canzoni molto belle con i Bluvertigo.

Secondo te, in che modo può servire un programma come X Factor a chi fa musica?

X Factor è un apri-porta. I cantanti che escono da questo programma hanno parecchia visibilità in televisione, e credo che questo sia il mezzo più rapido per memorizzare un nome o una faccia, acquistare credibilità e, perseverando, riuscire in seguito a lavorare, vivendo di musica.

Anche quest’anno hai fatto un provino: sarà l’ultimo a X Factor o potrebbe essercene un altro in futuro?

Il programma è iniziato da poco… chissà, magari sono piaciuto al primo provino e potrei essere chiamato alle selezioni per entrare a metà trasmissione. Devo essere positivo. Per quanto riguarda il futuro, continuerò imperterrito. Se il prossimo anno ci sarà la possibilità, farò ancora un provino e poi si vedrà.

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