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“The player”: meglio grandi effetti digitali che veri contenuti innovativi?

di Patrizia Sergio

Pubblicato il 2010-03-05

Ancora una volta i giovani sono i protagonisti di un programma in onda su Dj Tv, The player. Il retorico, noioso e quanto mai inutile tentativo di far riflettere su tematiche abusate è sottilmente evitato. Lo sviluppo è meno prevedibile di quanto si possa temere. Gli ingredienti sono usuali: i giovani, la musica, i sogni …

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Ancora una volta i giovani sono i protagonisti di un programma in onda su Dj Tv, The player.

Il retorico, noioso e quanto mai inutile tentativo di far riflettere su tematiche abusate è sottilmente evitato. Lo sviluppo è meno prevedibile di quanto si possa temere.
Gli ingredienti sono usuali: i giovani, la musica, i sogni e qualche problema con le proprie famiglie. Inserire il conflitto generazionale, anche se in modo soft, aggiunge sempre un po’ di pepe. Se l’idea che sottende il programma è godibile, tuttavia i cliché abbondano e così ancora una volta il risultato è quello di volere incasellare i giovani in categorie semplicistiche e anacronistiche.

Che si tratti di un artista, di un attore o di uno scrittore, il comune denominatore è la musica e la passione per l’arte. Nonostante il programma si lasci guardare, la voce fuori campo spesso è anche fuori luogo, è quasi un elemento di disturbo che sminuisce ulteriormente il contenuto del programma, ammesso che ce ne sia uno.
Le storie sono brevi, piccoli quadretti abbozzati di vita giovanile “fuori dal coro”, ma il tutto è talmente rapido che il giudizio resta sospeso. Si ha la sensazione che si voglia tenere incollati i telespettatori allo schermo focalizzandosi sulla velocità e sulla quantità, ma il risultato è quello di uno sguardo rapido e sbrigativo su delle realtà che potrebbero offrire maggiori risvolti e sfumature.

Imbastire un programma su dei contenuti sarebbe la vera novità, al contrario si punta su effetti digitali e grafici per sopperire ad un vuoto che oramai sembra caratterizzare questo tipo di programmi. Bei contenitori che celano l’assenza di una sceneggiatura di qualità e di un pensiero anche provocatoriamente innovativo.

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