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Emma Marrone arde di passione sul palco de La Notte della Taranta: quando un’artista è degna di chiamarsi tale

di Valentina Gambino

Pubblicato il 2013-08-25

Ieri sera a partire dalle 22.45 è andata in onda su Cielo La Notte della Taranta 2013, il concertone conclusivo di una manifestazione fatta di musica, ritmo, passione, targata Salento. Terra incredibilmente ricca di arte, di contaminazioni buone, di scambi culturali e di vibrazioni positive. La diretta su Cielo si è conclusa dopo l’esibizione della …

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Ieri sera a partire dalle 22.45 è andata in onda su Cielo La Notte della Taranta 2013, il concertone conclusivo di una manifestazione fatta di musica, ritmo, passione, targata Salento. Terra incredibilmente ricca di arte, di contaminazioni buone, di scambi culturali e di vibrazioni positive. La diretta su Cielo si è conclusa dopo l’esibizione della madrina della serata, l’attesissima Emma Marrone che, nel Salento ci è nata e cresciuta (Aradeo) e porta la sua terra in qualunque posto vada.

Chi meglio di lei poteva incarnare la pizzica? Quella danza popolare che sconvolge gli animi, come se fossi stato morso da una tarantola. Ed infatti sul web ho letto dei commenti incredibili (non è un complimento) di bimbiminc**a sconvolti che, con emoticon al seguito scrivevano: “Ha esagerato!”, “Sono sconvolto”, “Si è buttata a terra all’improvviso”, “Nessuno ha mai fatto una cosa simile”. A parte che, la nuova generazione spesso è così accecata dall’avere un “idolo”, da non avere nemmeno la voglia di documentarsi.

Oltre a ciò, durante il concerto, prima che Emma “infuocasse” gli animi, dopo l’eccellente esibizione di Niccolò Fabi e quella un po’ zoppicante (a mio parere eh!) di Max Gazzè, ho letto commenti del tipo: “Ah, ma quindi non cantano “Amami”, “Sotto casa” e quelle robe lì?”. No, La Notte della Taranta non è il Festival della Canzone Italiana, per quello dovrete aspettare Sanremo miei cari. Ed io mi arrabbio, anche se un motivo non c’è.

Mi arrabbio perché esistono i ragazzini 2.0 incapaci di andarsi a leggere cosa sia il tarantismo o la pizzica. Io, per farvi giusto un esempio, ho sempre avuto una profonda stima e ammirazione per Carmen Consoli e, la prima volta che cantò Cu ti lu dissi di Rosa Balistreri non ho esclamato: “Canta in siciliano perché è catanese?”, ma sapevo perfettamente cosa stava facendo e chi stava omaggiando.

Vi è così difficile conoscere quello che gira attorno al vostro personaggio preferito? Ho letto critiche insensate, gente che esclamava che Emma avesse cantato due volte, due canzoni diverse ma con la stessa musica: “Roba da matti!”. Ma i matti sarete voi accidenti, ed anche un po’ ignoranti (in materia, non i generale, non mi permetterei mai) perbacco.

Emma ieri ha rappresentato in pieno quello che accadeva alla donne quando entravano in questo vortice di “follia”, come delle tarantolate si muovevano a ritmo, gettandosi per terra per allontanare il male dentro di sé, o il morso della Taranta (vero oppure presunto). Il tarantismo infatti è considerato un fenomeno dettato dall’isteria, da una condizione psicologica di forte malessere.

La leggenda vuole che, gli uomini, suonando prevalentemente il tamburello e il violino fossero in grado di guarire la persona “pizzicata” dal “morso”. Emma ieri ha sudato, cantato, urlato, tremato, ed è totalmente entrata nella danza, attraverso la sofferenza della canzone che ha interpretato: Lu Rusciu te lu Mare, canto popolare di Gallipoli che racconta una storia d’amore impossibile, strappalacrime, tra un soldato e una nobildonna.

Per questioni legate puramente al diverso ceto sociale, questa donna non potrà mai appartenetegli, ma lui la reputerà per sempre: “La fija te lu re è lla zzita mia” (La figlia del Re è la fidanzata mia). Dopo l’esibizione Emma, ha così commentato su Twitter: “In pace con me stessa… Ho dato tutto quello che avevo! Bene o male non lo so, ma ho dato senza riserva!”, ma soprattutto con tutto il cuore, che a fine esibizione, simbolicamente si è quasi strappata dal petto: “Ca jeu lu core meu te l’aggiu ddare”.

Ancora una volta Brava Brown, e voi generazione 2.0, tra poco inizia la scuola, alzate la testa, posate gli smartphone ed ascoltate la storia, avrà sempre molto da insegnarvi.

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