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Antonio Verro, consigliere Rai: “Vieni via con me esempio di televisione faziosa e pluralismo peloso”

di Simone Morano

Pubblicato il 2010-11-28

La seconda puntata di Vieni via con me, andata in onda lo scorso 15 novembre, non è stata digerita dal mondo cattolico. Nel mirino è finita la partecipazione di Beppino Englaro e Mina Welby, e, nello specifico, la maniera in cui è stato trattato il tema dell’eutanasia è stato giudicato di parte e irrispettoso della …

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Secondo Antonio Verro Vieni via con me è una trasmissione faziosa

La seconda puntata di Vieni via con me, andata in onda lo scorso 15 novembre, non è stata digerita dal mondo cattolico. Nel mirino è finita la partecipazione di Beppino Englaro e Mina Welby, e, nello specifico, la maniera in cui è stato trattato il tema dell’eutanasia è stato giudicato di parte e irrispettoso della sensibilità di molti cittadini. Sul tema è intervenuto Antonio Verro, consigliere Rai.

Finalmente tutti possono rendersi conto di cosa sia una televisione faziosa. Quanto stiamo affrontando tira in ballo il diritto alla vita, che secondo me è il presupposto fondamentale di tutti gli altri diritti. Proprio questo, di conseguenza, credo che richieda prudenza da parte di tutti e in particolare di chi tratta pubblicamente l’argomento in tv.

Prosegue Verro:

Non credo che le posizioni di Saviano sull’eutanasia incidano sulla convinzione della stragrande maggioranza dei cittadini del notro Paese. E questo non lo dico io, ma è stato dimostrato trasversalmente tutte le volte che su questa delicatissima materia il Parlamento è stato chiamato a votare esprimendosi sempre per il riconoscimento del diritto alla vita.

Ancora:

Quello di Vieni via con me è un pluralismo peloso. Anche perché c’è il falso mito, che giustifica tutto, del successo di una trasmissione: per carità, a me in quanto consigliere Rai fa anche piacere che questo successo ci sia, ma dovrebbe responsabilizzare molto, molto di più sia gli autori che i protagonisti.

La conclusione è che

non è che il pubblico a casa possa essere considerato come una giuria popolare che si esprime sulle convinzioni politiche dei conduttori.

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