Annozero
Ad Annozero, L’Isola dei Cassintegrati
Davide Longo 11/04/2010
Giovedì sera, come sempre, è andata in onda una nuova puntata di Annozero intitolata “Il Profeta”. Si è parlato di economia, di divisione Nord-Sud, delle sorti di quest’Italia in bilico tra federalismo fiscale e regioni autonome che spendono più di quelle, come dire, “pienamente statali”. Giulio Tremonti, alias il profeta già citato, è stato tra […]
Giovedì sera, come sempre, è andata in onda una nuova puntata di Annozero intitolata “Il Profeta”. Si è parlato di economia, di divisione Nord-Sud, delle sorti di quest’Italia in bilico tra federalismo fiscale e regioni autonome che spendono più di quelle, come dire, “pienamente statali”.
Giulio Tremonti, alias il profeta già citato, è stato tra gli ospiti della serata, insieme a Gad Lerner, al sociologo Luca Ricolfi, l’imprenditore Diego Della Valle. È intervenuto anche il professore di Storia delle dottrine politiche all’Università di Milano Stefano Bruno Galli, lo stesso editorialista de La Padania, giornale che a volte si lascia andare a derive che potrebbero essere definite razziste. La puntata è visibile sul sito del programma, insieme all’editoriale di Marco Travaglio e alle vignette di Vauro. Ma durante la puntata è emerso anche qualcos’altro, qualcosa di molto importante che non abbiamo spesso l’occasione di ascoltare: la voce degli ultimi. È a questi ultimi che voglio dedicare il restante spazio dell’articolo.
A Porto Torres, sull’isola dell’Asinara, in Sardegna, i suoni preponderanti sono il fragore delle onde che si abbattono sugli scogli e il raglio dell’asino bianco. Ma qualcosa è cambiato: un tempo il carcere che si staglia massiccio sulla costa era abitato da camorristi, mafiosi, terroristi, delinquenti comuni. Persone a cui veniva garantita la dignità di esseri viventi, nonostante si fossero macchiati di delitti a volte tremendi ed efferati. Poi il carcere, circa vent’anni fa, è stato chiuso, e da allora nessuno ha più riempito quel luogo di reclusione. Fino ad ora: infatti alcuni lavoratori dello stabilimento petrolchimico di Porto Torres, messi in cassa integrazione, hanno deciso di dare vita a una protesta tanto curiosa quanto disperata. Hanno occupato le celle del carcere, e vi si sono rinchiusi per protestare contro la prossima chiusura della fabbrica. Perché? Perché a loro, al contrario degli antichi detenuti, non vengono riconosciuti diritti fondamentali, come la dignità di un lavoro sicuro e di conseguenza il diritto alla vita. Infatti questi lavoratori non accettano che oltre 3500 famiglie, le loro famiglie, finiscano sul lastrico senza motivo alcuno. Perché lo stabilimento di Porto Torres non ha problemi di sorta, se non quelli di qualunque azienda italiana in questo periodo di crisi. In questa fabbrica, la migliore nel mondo nel suo campo, si produce PVC. Questa produzione richiede una materia prima specifica i cui giacimenti sono gestiti dall’ENI, società pubblica per il 30% tanto che il premier si riserva di nominarne l’amministratore delegato. Ebbene questo amministratore delegato ha deciso, di punto in bianco, di interrompere l’estrazione della materia prima, bloccando la produzione di pvc italiana e aprendo le porte ai mercati tedeschi e inglesi e condannando al licenziamento tutti gli operai dei Porto Torres. I quali, non sapendo più come sfamare i propri figli, come vestirli, come pagare le bollette dell’Enel (ironia della sorte), hanno inscenato una protesta pacifica e non-violenta nel carcere dell’Asinara.
Annozero ci ha raccontato la loro storia: senza il programma di Michele Santoro questi lavoratori per noi non sarebbero mai esistiti. Forse è il caso di chiedersi il perché.